– a cura di Luisa Iannelli – Sono trascorsi ormai 36 anni da quella calda mattina di Sabato 2 agosto del 1980 quando un ordigno, composto da 23 kg di esplosivo, deflagrò nell’affollata Stazione Centrale di Bologna causando 85 morti e oltre 200 feriti e segnando per sempre le storie di chi quel giorno ha visto la propria vita sconvolta dal più grave atto terroristico della storia italiana. Nel vivo ricordo di quel giorno, quello stesso ricordo che, ogni anno, le massime autorità dello Stato vanno ad omaggiare, mancano dei tasselli. Se, infatti, a 36 anni dalla strage e dopo uno svariato numero di indagini e processi, abbiamo 3 condanne (Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e – con qualche ritardo perché minorenne all’epoca dei fatti – Luigi Ciavardini) quali esecutori materiali della strage, tantissime sono state le ipotesi seguite per individuarne cause e mandanti. «Se la sentenza fosse stata emessa dopo il 2006, quando è stato rinnovato l’art. 533 del Codice di procedura penale, forse sarebbe stata diversa». Che cosa dice l’art. 533? «Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio», queste la parole di Benedini, avvocato difensore dei terroristi NAR, che pone, dunque, l’accento proprio sui numerosi dubbi, sulle testimonianze, sui depistaggi che dal 2 agosto 1980 hanno segnato la storia di quella strage. Mi piacerebbe poter avere le certezze di quanti, politicizzando la vicenda allora come oggi, hanno assunto posizioni differenti: il terrorismo nero, la strategia della tensione, la pista palestinese, il lodo Moro, la trattativa stato – mafia, la pista libica o quella dei servizi segreti russi, ma di certezze non ne ho. Tantissimi sono gli episodi oscuri che hanno caratterizzato – e forse continuano a farlo – la storia del nostro Paese e moltissimi sono i documenti emersi dalle numerose commissioni di indagine che sono state promosse e che, in un modo o in un altro, si sono intrecciate con questa vicenda; oltre 300 mila le pagine degli atti processuali che riguardano la vicenda ma di lati oscuri ne restano troppi. Perché, ad esempio, si tentò il depistaggio sulla strage anche da parte di alcuni vertici dei servizi segreti del SISMI? Perché Francesco Cossiga prima accusò e poi ritrattò le sue posizioni nei confronti della matrice “fascista” della strage? Che ruolo ebbe la loggia massonica P2 il cui coinvolgimento emergerebbe dall’incrocio di più indagini? E Gladio che ruolo ebbe (considerando anche il tipo di esplosivo utilizzato)? Perché alcuni teste chiave in processi come quello per la strage di Piazza Fontana non furono ritenuti attendibili per la strage di Bologna? Quanto avvenuto nei cieli di Ustica, altra strage su cui ancora ci interroghiamo, ha un nesso con i fatti di quel terribile 2 agosto? Potrei continuare perché gli interrogativi sono tanti, quanti gli anni che ci separano da quello scoppio, sufficienti per chiedere di conoscere la verità. È giunto il tempo di chiedere ad un’intera classe politica, sia di centrodestra che di centrosinistra, di mettere da parte una sterile propaganda che non soddisfa più nessuno e di consegnare finalmente alla memoria delle vittime quella verità che da tanti anni aspettano. È un’opera difficile ma è un atto dovuto perché la storia della nostra democrazia, senza verità, non è storia, è congettura e continuerà sempre a dividere chi è governato in buoni e cattivi nell’omertoso silenzio di chi governa.